Nel panorama legislativo italiano, l'entrata in vigore della legge contro la carne coltivata rappresenta un bivio cruciale. Approvata dal Parlamento nel 2023, questa normativa ha suscitato dibattiti accesi riguardo alla sua validità giuridica. Infatti, molti esperti sostengono che essa sia in contraddizione con i principi di regolamentazione comunitaria stabiliti dalla Direttiva UE 2015/1535, che prevede un processo di autorizzazione armonizzato per i nuovi alimenti.
Inoltre, la procedura adottata per l'approvazione della legge è stata criticata per aver violato la procedura di scrutinio europea. Questo aspetto non solo mette in discussione la legittimità del provvedimento, ma rischia anche di compromettere la fiducia pubblica nella capacità delle istituzioni di garantire una legislazione trasparente e basata sulle evidenze.
La situazione attuale potrebbe avere ripercussioni negative sulla comunità scientifica e industriale. Gli studiosi e gli imprenditori interessati alla carne coltivata si trovano ora di fronte a un ostacolo amministrativo che potrebbe bloccare il progresso della ricerca. Michele Antonio Fino, professore associato all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, ha espresso preoccupazione per l'impatto che questa decisione potrebbe avere sull'attrattività del finanziamento per progetti innovativi in questo campo.
Secondo Fino, l'incertezza legale potrebbe portare a una perdita di interesse da parte degli investitori e dei ricercatori, rallentando così lo sviluppo tecnologico. Inoltre, l'opinione pubblica potrebbe sviluppare pregiudizi verso prodotti che, al momento, non sono neppure disponibili sul mercato italiano o europeo. Questo scenario potrebbe diventare una profezia che si autoavvera, con effetti duraturi sull'industria e sulla percezione sociale.
In collaborazione con altri 18 specialisti provenienti da diverse discipline, Fino ha delineato dieci lezioni chiave che possono essere applicate su scala internazionale. Queste riflessioni coprono vari ambiti, dall'importanza di una regolamentazione chiara e stabile alla necessità di tutelare la fiducia nei confronti dell'Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA). La libertà di ricerca e di impresa, insieme alla corretta comunicazione dei dati scientifici, sono elementi fondamentali per garantire un ambiente favorevole all'innovazione.
I termini utilizzati per descrivere la carne coltivata hanno un ruolo cruciale nella formazione dell'opinione pubblica. Se chiamata "carne etica" piuttosto che "carne sintetica", la percezione del prodotto potrebbe cambiare radicalmente. La scelta delle parole è essenziale per promuovere una comprensione accurata e positiva di queste tecnologie emergenti.
Il caso della carne coltivata richiama paralleli con la storia degli organismi geneticamente modificati (OGM) in Italia. Vent'anni fa, una serie di misure giuridicamente discutibili aveva messo in crisi la ricerca nazionale in questo settore. Oggi, l'asse politico anti-OGM si è ammorbidito grazie alle nuove tecniche genomiche, ribattezzate "tecniche di evoluzione assistita". Potrebbe avvenire lo stesso per la carne coltivata?
L'alleanza tra il Ministero dell'Agricoltura e associazioni agricole conservatrici come Coldiretti appare solida, supportata da tutte le forze politiche tranne +Europa. Tuttavia, la petizione lanciata dai firmatari dell'analisi su "One Earth" mira a raccogliere sostegno accademico e politico per contrastare la disinformazione e promuovere una legge più aperta e basata sulle evidenze scientifiche.
Fino conclude con un'appassionata difesa dell'importanza di continuare a lottare per l'avanzamento scientifico. “Le battaglie non si fanno solo quando si pensa di vincere,” afferma. “Si fanno per affermare dei principi e offrire nuove prospettive alle giovani generazioni.” In un mondo sempre più interconnesso e sfidante, il futuro della carne coltivata dipenderà dalla volontà di affrontare questi ostacoli con determinazione e visione.