Nel corso degli ultimi decenni, la salute pubblica è passata da un concetto di bene comune a una merce commerciale. Questo cambiamento radicale è stato accelerato durante la pandemia del COVID-19, quando enti privati come la Fondazione Bill Gates e l'industria farmaceutica hanno assunto un ruolo dominante nella gestione globale delle emergenze sanitarie. Lo scenario attuale solleva interrogativi sul futuro dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e sulla sua capacità di mantenere l'indipendenza finanziaria. Inoltre, la progressiva sostituzione del concetto di "farmaci essenziali" con termini commerciali come "contromisure mediche" suggerisce una nuova filosofia che mette in discussione il diritto universale all'assistenza sanitaria.
Il finanziamento privato ha sempre rappresentato una sfida per l'autonomia dell'OMS. Durante la pandemia, questa dipendenza si è acuita, con enti come la Fondazione Bill Gates e CEPI che hanno giocato un ruolo cruciale nella risposta globale. La maggior parte dei fondi destinati alla ricerca e allo sviluppo di vaccini è stata canalizzata attraverso queste organizzazioni private, lasciando l'OMS in una posizione di osservatore. Questo fenomeno ha portato a una distribuzione diseguale dei vaccini, con i paesi industrializzati che hanno monopolizzato le forniture, mentre le nazioni del Sud hanno visto le loro popolazioni vaccinate solo parzialmente.
Secondo Germán Velasquez, consigliere speciale per le politiche e la salute al Centre Sud, l'influenza privata sull'OMS è diventata preponderante già nel 2019, quando tali enti detenevano l'80% del budget dell'organizzazione. Questa situazione ha permesso alle industrie farmaceutiche di esercitare un controllo significativo sulle decisioni relative ai farmaci e ai vaccini. L'enorme quantità di denaro pubblico investita dai governi del G7 nell'industria farmaceutica durante la pandemia ha ulteriormente consolidato questo potere, infrangendo la teoria secondo cui i vaccini dovrebbero essere distribuiti equamente a livello mondiale.
Il concetto di "farmaci essenziali", lanciato dall'OMS nel 1977, rappresentava un pilastro fondamentale della salute pubblica. Questo principio garantiva che i medicinali necessari fossero disponibili a prezzi accessibili in tutto il mondo. Tuttavia, negli ultimi anni, questo termine è stato gradualmente sostituito da definizioni più commerciali, come "contromisure mediche". Questo cambio di lessico riflette una visione della salute come merce, piuttosto che come diritto umano. Il risultato è una crescente disparità nell'accesso ai trattamenti, con molti nuovi farmaci che restano fuori dalla portata dei pazienti meno abbienti.
Esempi emblematici di questa tendenza includono farmaci rivoluzionari come il Sofosbuvir contro l'epatite C e l'Orkambi per la fibrosi cistica, i cui costi elevatissimi li rendono inaccessibili a gran parte della popolazione mondiale. Questa situazione pone seri dubbi sul futuro del sistema sanitario globale, dove la qualità dell'assistenza sembra sempre più dipendere dallo status economico del singolo individuo. In un contesto di privatizzazione crescente, la salute rischia di diventare un privilegio di pochi, piuttosto che un diritto universale.