La politica petrolifera del presidente Donald Trump, incentrata sulla massima estrazione di risorse fossili, potrebbe rivelarsi controproducente per l'economia statunitense. Nonostante il paese sia il maggiore produttore mondiale di petrolio, fattori come le tariffe commerciali e la minaccia di una recessione stanno influenzando negativamente i prezzi del greggio. Inoltre, un calo dei prezzi può rendere non redditizia l'estrazione di petrolio da sabbie bituminose negli Stati Uniti, compromettendo così il settore energetico nazionale.
Le decisioni prese dal governo Trump hanno avuto ripercussioni significative sui mercati finanziari globali e sul settore petrolifero degli Stati Uniti. L'attuale situazione economica, segnata dalla possibilità di una recessione, ha ridotto la domanda di petrolio e gas, influenzando negativamente i prezzi dei futures. Questa tendenza ha portato ad una diminuzione dei prezzi del petrolio, mettendo in discussione la convenienza economica dell'estrazione di greggio all'interno del territorio americano.
Il declino dei prezzi del petrolio ha avuto effetti immediati sui mercati azionari a livello mondiale. Dopo l'annuncio delle nuove tariffe reciproche imposte da Trump, il prezzo del greggio Wti è crollato a 57 dollari, toccando i minimi del 2021. Sebbene una leggera correzione abbia riportato i prezzi intorno ai 60 dollari, questa situazione rimane insostenibile per l'industria petrolifera statunitense. Secondo studi della Rystad Energy, il costo medio di breakeven per la redditività del settore petrolifero negli Stati Uniti è stimato intorno ai 62 dollari al barile. Di conseguenza, quando i prezzi scendono sotto tale soglia, l'estrazione diventa economicamente sfavorevole, causando perdite per i produttori.
Gli effetti collaterali delle politiche di Trump si estendono oltre i confini nazionali, influenzando la produzione mondiale di petrolio e alterando la bilancia commerciale degli Stati Uniti. Con l'aumento della produzione globale, guidata dall'Opec+, i prezzi internazionali del petrolio rischiano di ulteriore abbassamento, aggravando la situazione già precaria del settore dello shale oil statunitense.
L'incremento della produzione mondiale, concordato dagli otto principali produttori sotto l'egida dell'Opec+, ha aggiunto ulteriore pressione sui prezzi del petrolio. L'Arabia Saudita ha inoltre abbassato i prezzi delle sue esportazioni verso l'Asia, contribuendo a una visione ribassista del mercato. Questo scenario potrebbe forzare un cambiamento nella dinamica offerta-domanda globale, poiché i produttori devono affrontare prezzi sempre più bassi. Per gli Stati Uniti, ciò significa che la produzione di shale oil, che richiede prezzi superiori a 65 dollari al barile per essere redditizia, potrebbe subire un rallentamento. Una riduzione della produzione nazionale comporterebbe un aumento delle importazioni di petrolio, peggiorando ulteriormente il deficit commerciale, una questione centrale nell'agenda di Trump. Questo paradosso evidenzia come le politiche energetiche attuali possano avere effetti contraddittori sulle priorità economiche statunitensi.