Nel corso degli ultimi due anni, il Sudan è rimasto imprigionato in un conflitto civile devastante che ha avuto inizio il 15 aprile 2023. Secondo fonti delle Nazioni Unite, oltre 13 milioni di persone si sono trovate costrette a fuggire dalle loro case, con donne e bambini che rappresentano la stragrande maggioranza dei profughi e sfollati. Le forze militari guidate dal generale Abdel Fattah Al Burhan dominano la capitale Khartoum e l'est del paese, mentre le Forze di supporto rapido (Rsf), sotto il comando di Mohamed Hamdan Dagalo, controllano la regione del Darfur. Questa divisione ha portato ad atti di violenza indiscriminati contro la popolazione civile.
In una stagione caratterizzata da tensioni crescenti, il campo profughi di Zamzam, situato presso El Fashir, è diventato teatro di scontri particolarmente cruenti. Nel mese di aprile, le Rsf hanno preso il controllo della zona dopo due giorni di combattimenti furiosi che hanno lasciato centinaia di vittime e migliaia di persone disperse. I giornalisti del Sudan Media Forum hanno lanciato un grido d’allarme, denunciando come questo conflitto miri specificamente ai civili. Essi accusano le parti in causa di commettere crimini di guerra e genocidio, senza che nessuno assuma responsabilità o cerchi di porre fine all'impunità.
Una conferenza internazionale tenutasi a Londra lo scorso aprile non ha prodotto risultati significativi, lasciando intatte le divisioni diplomatiche sul destino del paese.
Da una prospettiva umanitaria, questa situazione ci costringe a riflettere su quanto poco sia stato fatto dalla comunità internazionale per proteggere i civili in una nazione dilaniata dalla guerra. È chiaro che il silenzio globale permette solo che la sofferenza continui. Come reporter e lettori, dobbiamo chiederci se stiamo facendo abbastanza per garantire giustizia e pace in uno scenario segnato da tanta tragedia. La speranza di un futuro migliore per il Sudan dipende dalla volontà collettiva di agire oggi.